I Manager che piacciono al Private Equity: la figura del CFO è essenziale per raggiungere il successo.
- 9 Settembre 2021
- Duke&Kay
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Abbiamo intervistato il dottor Giulio Cordano che grazie all’esperienza pluriennale maturata come Direttore Finanziario a stretto contatto con la multinazionale, la proprietà, il management e il Private Equity, ci svela qual è la chiave per una missione di successo.
Da molti anni svolge attività di Interim Management collaborando anche con Duke&Kay
Quali sono le competenze necessarie al CFO per collaborare con il fondo? Quali sono le aspettative del Fondo?
I Private Equity sono organizzazioni orientate al successo finanziario con ritorni in tempi relativamente veloci (generalmente tre anni, raramente oltre cinque anni). Per questo la figura del CFO riveste un ruolo fondamentale nelle loro strategie, in quanto partner del cambiamento, del controllo, della gestione del quotidiano.
Difficilmente un Private Equity trova il CFO “adatto” nella società acquisita. C’è innanzitutto un tema di fiducia e trasparenza richiesta sui numeri, che devono essere totali per il periodo in cui il fondo dovrà gestire l’acquisizione. Inoltre, raramente l’investitore riesce a creare valore lasciando tutto come prima; quindi, ha bisogno di “smussare” le inevitabili resistenze che sempre accompagnano un cambio di proprietà. È raro che si cambino i ruoli manageriali operativi e gestionali del business (molto spesso la vecchia proprietà o il vecchio management resta in azienda con ruoli operativi importanti), ecco quindi perché generalmente si ritiene utile almeno il cambio del CFO, quale leader di cambiamento e interfaccia fra la vecchia proprietà/management ed il fondo d’investimento.
Fra le principali competenze necessarie ad un CFO per poter collaborare proficuamente con un fondo di investimento ci sono innanzitutto le così dette competenze “hard”. Riguardo a queste il CFO deve avere un curriculum a tutto tondo, maturato in anni di esperienza in ambienti internazionali. Quindi la lingua, la fiscalità nazionale e internazionale, la reportistica e il controllo di gestione di realtà complesse (con profonda conoscenza di sistemi di forecast, budgeting e reporting in quanto i fondi sono realtà che vivono di dati). Spesso nell’arco della gestione del fondo si introducono nuovi sistemi informativi (gestionali e/o finanziari) e quindi esperienze maturate nell’implementazione di tali sistemi sono sempre un plus. La finanza e la gestione dei partner bancari sono ovviamente da includere nella lista delle competenze minime. E potremmo andare avanti con una lunga lista di competenze tecniche necessarie ma, quello che più importa evidenziare ai nostri fini, è che la figura del CFO che meglio si adatta alle esigenze di un fondo deve avere una consolidata “seniority”, un curriculum di provate e variegate esperienze nel mondo dell’amministrazione, della finanza e del controllo di gestione.
Più difficili da valutare sono le competenze “soft”. Fra queste comincerei a menzionare la predisposizione alla gestione di una carriera per progetto: il CFO deve cioè essere consapevole che, nella stragrande maggioranza dei casi, è chiamato a svolgere un ruolo complesso con un orizzonte temporale limitato, al termine del quale ci sarà un probabile nuovo cambio di proprietà (e molto probabilmente di CFO). Altre competenze fondamentali sono quelle caratteriali e psicologiche. Il CFO si trova di fatto “calato” in un’arena estremamente tesa e complessa, dove c’è normalmente una chiara resistenza al cambiamento e soprattutto la paura del nuovo e del futuro, dove tutto viene messo in discussione ma dove non si deve rompere nulla. In questi contesti solo la leadership, le “skill” comunicative, le capacità empatiche, l’autocontrollo e la capacità di gestire lo stress possono essere d’aiuto. Fondamentale risulta quindi la capacità del CFO di acquisire la fiducia del fondo così come quella del management e dei collaboratori dell’azienda acquisita. Di fatto un “bravo CFO” per questo tipo di progetti deve essere in grado di rendersi credibile nei confronti di tutti gli attori coinvolti.
Quali sono gli aspetti da considerare nel percorso di integrazione post-acquisitiva? Quali sono le sfide che deve affrontare il CFO?
Come anticipato c’è un tema di gestione del quotidiano che spesso il fondo tende a delegare al management locale. Ma questo innesta un tema di governance e di controllo che diventa di conseguenza molto importante e che viene naturalmente assegnato al CFO il quale diventa un po’ il garante in questo ambito verso il fondo. Essenziali a questo scopo sono la comunicazione e la qualità dei processi messi in essere, con l’obiettivo primario di anticipare i problemi ed evitare le sorprese.
Ma, come si accennava prima, per loro natura i fondi vivono di informazioni, di piani e di spiegazioni. Diventa di fondamentale importanza la velocità con cui il CFO si prende il possesso dei dati, analizza e valuta i punti di forza e di debolezza dei sistemi in essere, pone i correttivi necessari. È nella sua capacità di fornire informazioni affidabili, più che accurate, che si gioca gran parte del suo successo e di quello dell’investimento del fondo. L’esperienza passata gioca un ruolo fondamentale in questo, è la palestra fatta in tanti casi vissuti, l’intuizione su come funziona il modello di business e la capacità di valutare i dati che vengono forniti dai sistemi in essere che fanno la differenza. Bisogna capire l’importanza, nel contesto, fra dare una stima veloce o posticipare un’informazione. C’è la pressione delle scadenze da gestire e i mille progetti di cambiamento (organizzativi, di sistemi informativi, di processi e procedure) che inevitabilmente partono sotto la sponsorizzazione del fondo. E bisogna essere credibili e autorevoli nel comunicare a tutti livelli: management, fondo, partner finanziari.
In questo contesto di forte pressione, va evidenziata poi un’altra area assolutamente critica; non bisogna mai dimenticare le persone. Il management storico e soprattutto i collaboratori che il CFO si trova e gestire; questi sono i reali fautori del cambiamento e i depositari della conoscenza aziendale. La capacità di attenuare le loro paure, motivarli, coinvolgerli, capire rapidamente le potenzialità e i limiti di ognuno di essi è forse la principale sfida che il CFO deve affrontare appena insediato e da cui dipende il suo successo, perché nessuno potrà mai vincere una guerra da solo.
Sicuramente il tema che più rende difficile questo tipo di sfida è il cambiamento culturale che le aziende sono chiamate a fare. Il passaggio tipico da azienda in genere padronale o locale ad azienda internazionale strutturata richiede una trasformazione dei processi, dell’organizzazione e soprattutto della cultura aziendale. Il CFO molto spesso è tra i principali artefici della guida del cambiamento e deve avere la seniority in grado di trascinare la squadra verso la nuova visione strategica della nuova proprietà.